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giovedì 12 marzo 2009

Glutine e bambini: quando cominciare?

Qual è il momento migliore per introdurre il glutine nella dieta di un bambino?

Esiste un periodo più idoneo che eviti, ad un bimbo predisposto geneticamente, lo sviluppo della Malattia Celiaca?

Esistono varie scuole di pensiero per quel che riguarda il periodo più consono o meno pericoloso per cominciare ad alimentare i bambini con il glutine.
Molti dottori pensano debba coincidere il periodo dello svezzamento (o divezzamento), cioè quando si comincia ad integrare nella dieta altri alimenti oltre il latte, quindi fra i 4 e 6 mesi. Per questi dottori, sarebbe il periodo migliore, magari quando il bambino assume ancora una parte, sempre minore, di latte materno.

Altri pediatri invece raccomandano un approccio più cauto, consigliando il primo contatto con il glutine dopo il primo anno di vita, quando la mucosa intestinale sarà più forte.
Ma chi ha ragione?



La verità è che non si sa ancora quale di queste due principali direttive sia la migliore. E' necessario infatti attendere anni per vedere se e in quali casi la malattia si sviluppa o meno.

Per questo è nato il progetto "Glutine e Divezzamento"[1].

Si tratta di una ricerca condotta dal Professor Carlo Catassi, uno dei massimi esperti mondiali di Celiachia.
Il progetto ha come obiettivo proprio quello di verificare quale delle due tecniche di introduzione del glutine nella dieta del lattante influenza il rischio di sviluppare la Malattia Celiaca.

Infatti i bambini ammessi al progetto sono divisi randomicamente in due gruppi:
Gruppo A: vengono esposti gradualmente al glutine nel periodo dello svezzamento, quindi fra i 4 e i 6 mesi;

Gruppo B: vengono esposti al glutine solo dopo il 12esimo mese di vita.

Ovviamente esistono dei criteri perchè i bambini possano essere ammessi alla ricerca; in particolare essere più piccoli dei 12 mesi di età e che abbiano familiarità con la Malattia Celiaca (genitori, fratelli o sorelle), come spiegato nel sito.

Verranno poi effettuati dei controlli ai 15, 24 e 36 mesi e un contatto per gli anni successivi.

Infatti il problema non è solo capire come fare a non stimolare la Malattia Celiaca nei bambini a rischio genetico, magari attraverso l'introduzione del glutine in un determinato periodo infantile, ma anche evitare che la malattia di manifesti in seguito.

Anni fa, alcuni medici (specie in Svezia dove negli anni 83-93 si registrò una vera e propria "epidemia" di celiaci[2]), si chiesero se non fosse più saggio "slatelizzare" la malattia, cioè farla "venire allo scoperto" durante i primi contatti con il glutine, piuttosto che far passare al paziente anni di malattia latente/silente, condizione che spesso provoca seri danni nel tempo.

L'idea era quindi quella di introdurre da subito dosi massicce di glutine nella dieta del bambino, durante il periodo dello svezzamento. Tuttavia va tenuto presente che, per ciò che concerne il glutine, non esiste solo la Malattia Celiaca, ma anche l'allergia.
E l'allergia IgE mediata può portare allo shock anafilattico con conseguenze anche fatali.

Pertanto l'idea delle grosse quantità di glutine per evidenziare la malattia non è stata seguita da molti, proprio per questo possibile e pericoloso problema.

Il latte materno.

Una cosa che sappiamo con certezza è che il latte materno diminuisce la possibilità di scatenare la Malattia Celiaca in età neonatale[3].

Sembra infatti che l'epidemia celiaca svedese fosse dovuta proprio all'abitudine di allattare al seno per un periodo troppo breve (inferiore ai 4 mesi).

Il latte materno, come è noto, è ricco di immunoglobuline IgA secretorie (le prime ad intervenire nel processo infiammatorio della Celiachia). Il bambino, quando è piccolo, non produce molte IgA. Le riceve dalla madre tramite il colostro (prima) e il latte materno (dopo) e si sa che il deficit di IgA è strettamente correlato allo sviluppo della Malattia Celiaca, anche negli adulti.

Il latte materno quindi contiene molti fattori protettivi (ad es., IgG, IgA secretorie, GB, frazioni del complemento, lisozima e lattoferrina) che vanno a rivestire il tubo digerente[4].

Tuttavia, come riportato dal sito del progetto "Glutine e Divezzamento", un recente studio ha evidenziato un maggior rischio di Celiachia non solo nei bambini divezzati precocemente (prima dei 4 mesi), concetto che collima perfettamente con quanto sopra esposto, ma persino in quelli divezzati tardivamente (dopo l’ottavo mese).

Questo potrebbe significare che allattare al seno troppo al lungo i bambini potrebbe addirittura avere un effetto negativo, ritardando il normale sviluppo del sistema immunitario, condizione che aumenterebbe il rischio di sviluppare il Morbo Celiaco..


[1]http://www.glutine.org/
[2]http://www.celiachia.it/news/page4.html
[3]www.aicpiemonte.it/uploads/news/62_file.pdf
[4]http://www.msd-italia.it/altre/manuale/sez19/2562227.html

2 commenti:

  1. Divezzare tardi non significa allattare a lungo. Divezzare si riferisce all'introduzione dei cibi solidi, cosa che puo' essere fatta continuando ad allattare. Quindi non e' tanto l'allattare a lungo che puo' avere effetti negativi quanto invece l'introduzione tardiva dei cibi solidi.

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