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sabato 6 dicembre 2008

Celiachia e psicologia

I momenti passati a tavola, in particolare nel nostro paese, si caricano di significati che vanno al di là del semplice piacere di alimentarsi e di gustare le pietanze.

Pranzi o cene sono occasioni conviviali per eccellenza, dove si chiacchiera, si sta insieme, tutti i giorni, ma soprattutto durante le festività.
La celiachia però, come sappiamo, è una malattia la cui unica terapia è rapprensentata dalla dieta senza glutine.

Questo quindi implica un'alimentazione molto diversa da tutti gli altri nostri commensali.

Va detto che anche i soggetti diabetici devono seguire una dieta che fa parte della loro terapia, ma non ci sono le classiche problematiche relative alle contaminazioni e alla diversificazione degli ambienti di preparazione e cottura, tipiche della celiachia.

Inoltre la loro dieta è volta a non esagerare con i cibi che alzano la glicemia, ma in molti casi un assaggio è permesso perchè molto dipende dalle quantità.
Nella celiachia questo non succede.


Per esempio, in caso di fritture, l'olio e la padella usati per i celiaci non possono gli stessi dove abbiamo già fritto i cibi con il glutine; il forno ventilato deve essere usato con precauzioni particolari e le posate, i tegami, i mestoli devono essere diversi e persino una tovaglia piena di briciole di pane può dare problemi.
Questo amplifica la sensazione di diversità che ogni celiaco avverte quando si trova in una tavola con parenti o amici.

Spesso le difficoltà si superano, ma non bisogna sottovalutare il fatto che per vivere con serenità la celiachia sono fondamentali la comprensione e l'atteggiamento delle persone che, insieme a noi, si siederanno a quella tavola.

I problemi psicologici associati alla dieta sono estremamente comuni nei celiaci[1] e sono situazioni che possono addirittura portare, in alcuni casi, a vere e proprie forme depressive o di isolamento.
Non uscire con gli amici perchè la pizzeria deve essere di un certo tipo, non andare al pub perchè non si sa cosa prendere, o, soprattutto, non andare a cena se invitati da amici e parenti perchè non sappiamo se e come seguiranno le cautele necessarie, è un atteggiamento molto frequente fra i celiaci.
Spesso ci portiamo i cibi già cucinati, ma non sempre è possibile e non tutti i cuochi capiranno e non si offenderanno.

A volte ci si sente addirittura "in colpa". Ma di cosa esattamente?

Quanta parte di questo problema è davvero colpa nostra perchè diamo a questi episodi un significato esagerato e quanto invece è una mancanza di sensibilità degli altri?

E' colpa nostra quando siamo stanchi di spiegare sempre e dovunque qual'è la nostra patologia e cosa comporta. Ci aspettiamo che tutti la conoscano e sappiano mettere in atto tutte le precauzioni senza che noi cerchiamo di spiegarle davanti alle loro faccie sbigottite.
Non è facile. Le prime volte viene naturale. Ma con gli anni ci si stanca e vorremmo che una luce dall'alto illuminasse cuochi, parenti, amici, camerieri ecc.. così da mangiare tranquilli e sereni. Noi o i nostri figli.
E' colpa nostra quando per non avere noie ci chiudiamo dentro le mura della nostra casa.
Ma molto dipende dagli altri. Non tutti hanno la stessa reazione o la stessa intelligenza.

La cosa più temibile è chiaramente l'ignoranza altrui.

L'ignoranza è spesso confortata dalla pigrizia mentale oltre che fisica (diversificare le pietanze sin dalla loro preparazione è anche un problema manuale).

Frasi come "..e io dovrei fare due paste diverse???" o "..che buono questo pane...non sai quello che ti perdi" addirittura "ma chi te la fà fare, per una volta non succede nulla", ecc.. sono forme di quella ottusa ignoranza a cui si faceva riferimento prima.

C'è da dire che spesso la celiachia permette ai celiaci di operare una vera e propria "selezione naturale" di amici e parenti.

Le varie reazioni ci metteranno in grado di poter verificare, senza troppa fatica, chi davvero avrà piacere ad averci a cena e vorrà dimostrare che ha avuto tutte le accortezze e precauzioni per noi o per i nostri figli, rispetto a chi invece avrà visto la nostra presenza come una complicazione da gestire.

Lo stesso dicasi per i ristoranti. Alla fine, gioco-forza, torneremo spesso negli stessi posti, non solo quelli "informati" che vantano la loro presenza nel libretto distribuito dall'AIC "Alimentazione fuori casa", ma anche quelli che saranno stati semplicemente gentili ed attenti ed hanno dimostrato di volere che il cliente ritorni.

In ogni caso, toccherà fare i conti anche con la nostra psiche o con quella dei nostri figli.
Uno dei trucchi è sforzarsi di vivere o di far vivere la diversità alimentare come qualcosa che ci caratterizza, che ci rende unici.

E' un bieco trucco psicologico, certo. "Tu mangi in maniera speciale perchè sei una persona speciale". Ma a volte funziona.

Tuttavia è chiaro che i riscontri psicologici della dieta senza glutine saranno diversi a seconda che si tratti di un bambino, di un adolescente o di un adulto.
E' innegabile che per gli adulti il percorso di accettazione della situazione è molto più semplice.
Un adulto celiaco, diagnosticato tardivamente, sa benissimo che la dieta è l'unica terapia in grado di eliminare i sintomi e preservare la sua salute da ben altri problemi.

In generale va detto che l'accettazione di quello che comporta questa patologia da parte di un soggetto sintomatico sarà più facile rispetto ad un soggetto che non ha effetti immediati ed evidenti.

Ma le cose cambiano notevolmente per un bambino o per un adolescente.

La volontà di sentirsi parte di un gruppo sarà più forte in queste fasce d'età[2] (in particolare fra gli adolescenti) e il senso di appartenenza e di integrazione passa attraverso comportamenti che possono essere il modo di vestire, di parlare, di muoversi, ma anche di mangiare.

In una mensa scolastica o in una festa organizzata il celiaco bambino o adoscente vivrà da solo la sua diversità, senza che ci siano i gentori a rassicurarlo. E' bene preparalo a queste sensazioni affinchè sappia già come gestirle, senza angoscie, senza drammi, magari scherzandoci un pò.

E' importante che il bambino non avverta l'ansia dei genitori quando si avvicinano eventi quali gite o feste e compleanni, le prime uscite in pizzeria, ecc..

Ricordiamoci che tutte le mense pubbliche, ospedaliere, scolastiche o universitarie hanno l'obbligo di fornire pasti senza glutine dietro richiesta dei genitori di un bimbo celiaco (si deve portare la certificazione dello specialista o dell'ospedale oppure il libretto dell'esenzione), in ottemperanza alla legge del 4 luglio 2005, n. 123 [3].
E' quindi un obbligo di legge e deve essere rispettato anche quando si va in gita!

Gli insegnanti che preparano ed organizzano una gita con classi nelle quali si trova anche un solo bambino celiaco devono prevedere soste in locali informati dove si preparano cibi senza glutine.

E' ovvio che il problema diventa più serio quando si tratta di casi"border-line", cioè che non hanno, per i motivi di cui spesso parliamo in questo blog, ancora la certificazione nè l'esenzione ASL per la malattia celiaca.

In quesi casi si può provare a parlare con il direttore della mensa, che potrebbe far preparare pasti senza glutine per i Vostri figli, ma sarebbe un favore a titolo personale, non essendoci la certificazione della malattia.

Lo stesso avverrà per le mense private, che non sono obbligate a seguire la legge.

L'alternativa, in questi casi, è chiaramente che i genitori preparino il pranzo che i figli si porteranno a scuola.

Tuttavia se per le mense di scuole e università la legge tutela i celiaci certificati, quando si verificano eventi quali pranzi e cene legati alle festività o a compleanni o quando andiamo in locali quali ristoranti, pub e pizzerie, i problemi dipendono sempre dalla sensibiltà altrui.

Per evitare però di dover spiegare tutte le volte che le Vostre esigenze alimentari non nascono da un capriccio e quali siano le precauzioni da adottare, Puntodivistaceliaco mette a disposizione un foglio da stampare, il MANIFESTO DEL CELIACO, che può essere portato in borsa e mostrato al bisogno.

Il MANIFESTO DEL CELIACO nasce dall'esigenza di mostrare agli altri una sintesi descrittiva della malattia e delle precauzioni da adottare ed è uno strumento che può essere utile avere a portata di mano e sottoporre a chi non conosce la malattia.

Si tratta di un semplice file in formato JPG con descrizioni facili e veloci da leggere.

Una volta visualizzata la pagina, è sufficiente cliccare sopra l'immagine che si mostrerà nelle sue dimensioni reali e stamparla su un normale foglio A4.

Può essere un aiuto che rimane nelle mani di chi deve cucinare per un celiaco ma che non ha mai avuto esperienze con le precauzioni necessarie a questo tipo di dieta. Imparerà e gli rimarrà per il futuro.

Diamo una mano alla divulgazione dei problemi di questa malattia, affinchè la vita del celiaco sia il più semplice possibile.

[1]http://www.psicocitta.it/articoli-psicologi/33-celiachia-intolleranza-alimentare.php
[2]http://www.mammaepapa.it/salute/pag.asp?nfile=pr_celiachiapsicolo
[3]http://www.ministerosalute.it/speciali/pdSpecialiNuova.jsp?sub=4&id=82&area=ministero&lang=it&titolo=La%20Celiachia:impariamo%20a%20conviverci&idhome=8




11 commenti:

  1. In questo articolo si parla del dovere degli insegnanti a preparare gite scolastiche con soste in locali dove vengono forniti cibi senza glutine:
    Leggendo la legge si parla solo di mense scolastiche e non di trasferte in gita. Vorrei capire se veramente è un diritto del celiaco e se posso trovare la legge dove si esprime questo diritto.
    Grazie

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  2. Il diritto del Celiaco è quello di avere dei pasti adeguati alla sua dieta.

    Quindi, per quello che è ns. esperienza, se un insegnante prepara una gita con una classe nella quale vi è un bambino/ragazzo celiaco non può esimersi dall'assicurare al soggetto lo stesso trattamento che avrebbe in mensa, nè discriminarlo (non farlo mangiare) rispetto agli altri.
    Deve quindi :
    - o contattare i genitori per prevedere una colazione al sacco che questi prepareranno per lo studente
    - o garantire allo studente una sosta in un posto dove questi possa alimentarsi secondo la dieta prescritta (non per forza un ristorante riconosciuto per celiaci, anche un ristorante dove possa consumare carne o pesce o verdura non contaminati).

    Nel qual caso l'insegnante al quale è affidato lo studente celiaco lo costringesse con il suo atteggiamento a non seguire la dieta adeguata, sarebbe passibile di denuncia.

    Ricordiamo che gli studenti sono minori sottoposti alla tutela di un educatore che come tale ha degli obblighi e delle responsabilità previste dalla legge, anche in relazione alla loro salute.

    Tocca però analizzare due aspetti:
    1) la scuola e l'insegnante DEVONO essere avvertiti della patologia dello studente (tipicamente tramite lettera raccomandata)
    2) la patologia dello studente DEVE essere accertata e riconosciuta.

    Questo vale anche per i bambini con altre patologie, come il diabete giovanile.

    Questa materia non è propria della malattia celiaca, delle disposizioni previste dalla legge per la Celiachia, ma delle responsabilità che un insegnante ha quando gli vengono affidati dei minori.
    Se i minori a causa del suo comportamento subiscono dei danni, si prefigura un'ipotesi di reato poichè sono "minori in affidamento temporaneo". Si deve ovviamente accertare che l'insegnante pur sapendo che il minore aveva delle esigenze particolari legate alla salute, non ha adottato le misure idonee volontariamente.

    Siamo tuttavia sicuri che altre e più esaustive informazioni saranno fruibili tramite uno studio legale.

    Cordialmente.

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  3. Salve a tutti io sono celiaca da...sempre!
    Avevo 19 mesi quando me l hanno diagnosticata.
    Comunque quel che ho sempre notato è la difficoltà nell organizzazione di gite scolastiche.Un anno sono stata incolpata perchè dovevo portarmi la pasta secondo il proprietario dell hotel.Avrei potuto farlo ma perchè?
    Non avevo lo stesso diritto dei miei compagni di sedermi e mangiare tranquillamente?dovevo portarmi le cose la casa?Perchè?
    Comunque sono sempre stata molto organizzata quindi se dovevo partire per una gita a maggio io gia a ottobre iniziavo a trattare con i ristoratori a spiegare la situazione e spesso finivano per portarmi per 5-6 giorni un petto di pollo e un insalata.Alla fine me ne fregavo perchè non ero certamente partita per mangiare però penso che magari rivedere l organizzazione dei pasti in un modo più serio forse sarebbe stato meglio.Perchè si crea un certo imbarazzo a tavola, con la gente che ti chiede se è buono e ti guarda mangiare...insomma momenti imbarazzanti che avrei preferito evitare e che potevano essere evitati con un pò di sforzo da parte degli addetti insomma.Perchè quello che arriva a me ad un certo punto è che la gente potrebbe fare le cose "a modo" ma non le fa perchè si secca.Ho dovuto saltare la gita di 5 superiore perchè non hanno messo a disposizione un menù per me.Ok che sono l unica celiaca e quindi perdi i soldi di una sola persona però da essere umano mi sento offesa.
    Queste situazioni ti fanno sentire veramente "diversa" e soprattutto di peso.E poi parliamo di sensi di colpa.
    Il senso di colpa lo sviluppiamo perchè la gente ignorante ci fa sentire dei pesi.E' un peso mettere una pentola in più con dell acqua a bollire, è un peso girare la pasta tua con un cucchiaio X e la mia con un cucchiaio Y, è un peso comprare un pacco di pasta senza glutine.E' un peso.
    Ovviamente io non m sento un peso però negli anni ho sviluppato un certo disaggio nel mangiare fuori casa e penso che sia dovuto a questi atti di menefreghismo.

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  4. Ciao. Grazie per la tua testimonianza.

    Come sai studio psicologia sociale e personalmente penso che l'aiuto psicologico in realtà non vada dato ai celiaci per superare l'eventuale discriminazione, ma per capire i limiti altrui.

    La verità è che il problema noi lo viviamo di riflesso. Il vero problema è come ci vedono gli altri.
    Cosa è un celiaco per un NON celiaco?

    Per alcuni non è affatto un problema, altri se ne fregano, poi c'è chi esagera, altri ancora fingono una improbabile comprensione dicendoci le solite frasi come "ehhh come sei brava...io non so se ce la farei..", credendo di dire una cosa carina. Personalmente non so cosa sia peggio, se quello che se ne frega o quello che mi dice "Poverina".

    Il bello di studiare queste materie è dato dalla comprensione del fatto che non lo fanno apposta. Che per essere davvero "vicini" ad una persona, occorrono una crescita emotiva, la motivazione affettiva nei confronti di quella persona e -non ultima- l'intelligenza (emotiva e non).

    Questo mi mette nella condizione di non aspettarmi più di tanto da alcune persone e, allo stesso tempo, sapere come fare per stimolare la collaborazione nelle altre.

    Funziona quasi sempre, tranne per le pietre, dalle quali è difficile ricavar qualcosa.

    I sensi di colpa, come tu stessa dici, non sono motivati. Noi non abbiamo nessun motivo per averli, semmai possiamo osservare gli altri per come si comportano.

    Noi non siamo verdi, non abbiamo le zanne, gli occhi rossi e non puzziamo.
    Mangiamo solo qualcosa di diverso e, a dirla tutta, stiamo aumentando di numero in maniera esponenziale.

    Purtroppo il vero nocciolo è che finchè chi parla a nome dei celiaci non condurrà una campgna di informazione di stampo nazionale (pubblicità in tv, giornali nazionali, ecc..), la gente non celiaca non sarà informata e ci vedrà come se fossimo davvero verdi.

    Ho fiducia nel fatto che se questa campagna informativa non la farà l'AIC, la farà qualcun altro.
    Un abbraccio.

    Patrizia
    Puntodivistaceliaco

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  5. Una domanda...
    Che fare quando i primi a farti sentire "diverso" sono i tuoi familiari? Vi faccio un esempio, mi hanno da poco diagnosticato la celiachia. Ovviamente all'inizio tutto mi sembrava facile invece dopo circa un mese di dieta mi sono trovata a non sapere come gestire i pasti e non sapere cosa mangiare, sto lavorando su questo aspetto cercando di trovare alternative ma la cosa più difficile è il rapporto con gli altri. Magari mia mamma mi chiama invitando mio figlio e mio marito a pranzo e poi mi dice "per te vedi tu, portati da mangiare" a me sinceramente scappa la voglia di sedermi a tavola con loro. Forse sbaglio io e dovrei prenderla con più sportività...a volte sembra che la celiachia sia più un problema per loro che non per me (io sto cercando di vivere la nuova situazione in modo normale proprio perchè non diventi un problema ma all'inizio ci sono tante cose da riorganizzare)scusate lo sfogo.

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  6. Beh, diciamo che la mente è uno strumento potente, ma non sempre ci fa pensare cose positive, che ci fanno stare bene.

    Lei ha almeno 2 possibilità di interpretare il comportamento di Sua madre:
    1) "non accetta la mia condizione e non vuole cucinare in modo diverso".
    2) "ha paura di sbagliare e di farmi stare male, di non essere brava a fare cose nuove e per questo non vuole cucinare per me".

    Come vede, sono 2 atteggiamenti diversi nei confronti dello stesso comportamento, quello di non voler cucinare per lei.
    Se pensa nel primo modo, questo la farà stare male, isolata. Se pensa nel secondo modo, potrebbe organizzarsi per risolvere positivamente la questione.

    Io penso che in questa fase, Lei stessa debba imparare a cucinare i suoi pasti, cosa assolutamente normale nei celiaci neo-diagnosticati, quindi difficilente potrebbe insegnare ad altri cosa fare e cosa no.

    Per quanto mi riguarda, all'indomani della diagnosi, non mi fidavo di nessuno (io stessa facevo molti errori e poi stavo male). Quindi all'inizio portavo i miei cibi a casa degli amici e parenti.

    Con il tempo, loro si sono abituati all'idea e io sono diventata più tranquilla, così da rassicurarli quando hanno cominciato a chiedermi se io preferivo portarmi qualcosa da casa. A quel punto chiedevo il menu e decidevamo insieme qualcosa di buono anche per me (come un risotto, ad esempio).

    Alcuni amici si sono addirittura informati da soli sul mio blog. Altri, ancora oggi, non cucinano per me e io mi porto le mie cose da casa, ma non lo considero un problema, ma una loro rigidità nel fare cose nuove, unita alla paura di sbagliare e farmi stare male.

    Con mia suocera, invece, ho passato un pomeriggio in cucina con lei ad insegnarle come si cucina per un celiaco (con lei che prendeva appunti, che carina!).

    Il mio consiglio è di attendere un pò, finché Lei per prima non avrà tutto chiaro su contaminazioni e sui cibi permessi, a rischio e non permessi.
    Poi potrebbe provare a parlare con Sua madre, spiegandole come questo suo rifiuto di cucinare per lei la fa sentire isolata e magari organizzare un pomeriggio in cui le mostra come e cosa si fa, perché alla fine, se seguirà poche e semplici regole, potrà cucinare per lei, senza ansia.

    I miei auguri.
    Dott.ssa Guarino

    Puntodivistaceliaco

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  7. Ciao a tutti io sono una neo celiaca (l'ho scoperto da sei mesi e dopo tre gastroscopie e due esami del sangue) ma mi sto domandando una cosa: non so se sono io a esagerare o se sono i miei parenti a non capire e ho proprio bisogno di un consiglio. Forse non sono ancora così abituata alla dieta senza glutine ma sto cominciando a chiedermi perchè le amie amiche capiscono mentre i miei parenti sembra che non facciano niente per farlo. Innanzitutto continuano a proprormi cose che io non posso mangiare ma non mi stanco di ripetere che non posso e sono paziente (per fortuna i miei genitori hanno imparato cosa vuol dire celiachia!) ma c'è questa situazione che non so come sciogliere: i miei parenti mi hanno invitata in vacanza in un albergo non certificato ma io non so che fare, devo andare o insistere per andare in un albergo certificato dove sinceramente mi sentirei più tranquilla? Mi sembra di non essere capita quando i miei parenti insistono per portarmi in un albergo non certificato! Sto esagerando? Grazie in anticipo dei consigli!

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  8. All'inizio è normale stare attenti a tutto finché non si sa bene cosa mangiare e dove. Personalmente, dopo i primi tempi di clausura, sono stata in ristoranti e alberghi non certificati e spesso mi sono trovata meglio dei luoghi certificati. Ma occorre spendere un pò di tempo. Si deve contattare il proprietario o gestore e spiegare bene cosa può mangiare e cosa no. Se loro diranno che non possono far fronte alle Sue esigenze, direi che il problema non si pone. Nel senso che a quel punto dirà semplicemente ai Suoi parenti che non può andarci perché ha saputo che non in quel posto non potrà mangiare e dovrà chiedere loro come mai insistono per portarla in un posto dove non può mangiare. Anche se il gestore le dovesse assicurare che può far fronte alle Sue esigenze, si porti sempre con sè pasta e pane e snack. Per esperienza le dico che non tutti i ristoratori sono corretti.

    Qui ci sono 2 cose da affrontare: la prima è che ogni celiaco, prima o poi, deve avere a che fare con posti non certificati e spesso ci si deve andare per forza (es. pranzi o cene di lavoro, ecc..).
    La seconda è che non è Lei ad avere un problema, ma i suoi parenti che non capiscono che mangiare in modo diverso significa, per lei, rimanere in salute. Qui deve essere molto ferma e, con gentilezza, far capire loro che non è una scelta. Lo si fa per la salute e deve dire che in futuro sarebbe meglio avere un pò di attenzione (ne basta davvero poca) per ricordarsi delle Sue esigenze. Senza arrabbiarsi.
    Spesso i parenti sono molto più difficili da convincere perché hanno paura del cambiamento. Conosco celiache che hanno avuto il problema maggiore con la loro mamma (o il marito o i figli) che non voleva ammettere che qualcosa era cambiato. Quindi, a volte, non si tratta di mancanza di attenzione, ma di paura del cambiamento (non sempre... a volte la gente semplicemente non ci pensa).
    E quindi molto dipenderà da Lei, da come farà rispettare ed accettare questa nuova condizione.
    Prenda le precauzioni dovute, ma non si neghi il piacere di stare con gli altri, anche in esercizi non certificati.
    Buon anno.
    Puntodivistaceliaco.

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  9. Grazie mille per i consigli, è bello sapere che per dubbi e preoccupazioni c'è sempre qualcuno che ti capisce fino in fondo essendo che prova o ha provato le stesse cose o almeno qualcosa di simile. Grazie soprattutto per aver allargato i miei orizzonti e avermi fatto capire che non devo avere paura di uscire con gli altri anche in posti non certificati anche se con le dovute precauzioni!Complimenti per questo blog sarà sempre un gran punto di riferimento per i celiaci!

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  10. Salve,
    mia figlia 5anni è diagnosticata da sei mesi. La dieta va bene, a casa è tutto perfetto, le preparo molte cose.
    Lei è una bambina ligia per carattere, sa di essere "allergica" al glutine ed si comporta in modo responsabile.
    Ma sta esagerando, sta diventando fobica, è arrivata al punto di rifiutare la merenda a scuola perché "gli altri bambini potrebbero mandare le molliche sulla mia tovaglietta" oppure le passano un colore o le toccano un braccio.
    dice di sentire l'odore del glutine.
    Domenica non voleva andare ad una festa di compleanno, l'ho costretta io perché ho capito che il problema era la torta, mi ha chiesto di andare via subito dopo le candeline.
    Sono molto preoccupata, è una bambina solare e serena, è entusiasta di qualsiasi cosa, ha un carattere semplice, non è capricciosa, ha il sorriso facile.....è un amore di bambina che deve fare i conti con qualcosa di più grande di lei.....
    Non piange mai, mentre in classe le capita spesso.
    Sono in pena
    Non so che fare

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  11. Gentile lettrice.
    E' probabile che la bambina, essendo così piccola, non abbia ancora gli "strumenti" necessari per vivere la celiachia in modo sereno.
    In questi casi è molto utile l'aiuto del gruppo dei pari, cioé altri celiaci della sua età. Si informi sul sito AIC della sua regione per vedere se ci sono iniziative alle quali la bambina potrebbe partecipare (di solito sono molte).
    Lo scopo è quello di mostrare nei fatti come gli altri vivono la dieta. Senza troppe preoccupazioni. Se si sentirà forte del fatto che ci sono altre persone che mangiano in maniera diversa (ed è tutto lì), può essere più forte anche con chi non mangia come lei.
    Chiaramente, anche in casa, cercate di minimizzare le preoccupazioni per la sua dieta, pur rimanendo vigili.
    Se vuole può scrivermi in privato.
    Dott.ssa Guarino
    Puntodivistaceliaco.

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